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Fateci parlare…

Parlare… un verbo semplicissimo che per molti è quasi banale; “tutti parlano, si esprimono, anche in maniere diverse, ma tutti lo fanno”. Questo è ciò che tutti pensano ad una prima e, forse, superficiale riflessione. In parte quest’affermazione è giusta, poiché ognuno ha un suo modo di comunicare con gli altri, di esprimere le proprie opinioni; c’è chi per farlo preferisce la scrittura, chi invece il disegno, il ballo, il canto e molto altro, ma questo non è propriamente “parlare”.

Parlare, per me, ha varie sfumature, ma in linea di massima esistono due tipologie.

Parlare di cose banali, semplici, raccontare qualcosa di divertente, farlo in modo spensierato.

Parlare con sé stessi, non potendo farlo in pubblico; cercare di comunicare con qualcuno e non riuscire a farlo, non avere il coraggio, avere paura di cosa potrebbe succedere. Queste sono le sensazioni di molte persone, soprattutto di molte donne e bambini. Nella società in cui viviamo, in troppi casi, le donne agli occhi degli uomini non sono esseri umani, ma oggetti di loro proprietà, cose che non valgono niente, da trattare male perché “non sono intelligenti quanto gli uomini, non sono al loro stesso livello, non possono scavalcarli e sono brave solo nei lavori casalinghi o a badare ai bambini”. Oggetti che non hanno bisogno di parlare e tale diritto viene loro negato, a volte per sempre.

E poi ci sono bambini che subiscono violenze, che vengono minacciati da genitori irresponsabili i quali non meritano di essere chiamati tali. Oppure bambini che si sentono soli, i cui genitori sono distratti, assenti e non si rendono conto che i loro figli hanno un disperato bisogno di loro. E spesso questi bambini prendono decisioni affrettate, azzardate, pericolose. Sono soli e la loro voce nessuno la ascolta.

Il diritto di parola negato non riguarda solo donne e bambini, ma anche gli uomini per svariate ragioni, tra cui il colore della pelle che è uno dei tanti pregiudizi presenti in questa nostra società; una società distratta, veloce e indifferente a chi si ferma e ha bisogno di aiuto.

Parlare, quindi, non è solo “pronunciare qualche parola”, ma ha un significato più profondo che tutti dovremmo imparare a riconoscere.


Sabrina Pacente

Classe 3^A – Scuola secondaria di I grado




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